Cadenza di Pedalata Ottimale – Cosa Bisogna Sapere

Hai mai sentito dire: “Fai girare le gambe più veloci!” oppure “È meglio spingere con rapporti lunghi a bassa frequenza”? Sai cosa? Spesso ci si ritrova a discutere all’infinito su quale sia la cadenza “perfetta,” ma la verità è che non esiste una singola risposta valida per tutti. Eppure, è innegabile che la cadenza di pedalata—o frequenza di pedalata—rivesta un ruolo fondamentale nella prestazione di qualsiasi ciclista, dal principiante all’atleta professionista.

Tra l’altro, la cadenza è una delle poche variabili che possiamo davvero controllare mentre pedaliamo. A differenza di un podista, che per aumentare la velocità deve inevitabilmente aumentare la frequenza del passo, il ciclista può regolare il rapporto della trasmissione e scegliere se spingere più forte a cadenza bassa o ruotare le gambe più rapidamente a cadenza alta.

In questo articolo, proverò a illustrare cos’è la cadenza, come incide sulle diverse componenti della nostra pedalata e perché un valore intorno alle 90 rpm potrebbe essere una buona scelta in molte situazioni, senza però dimenticare i fattori individuali che rendono ciascuno di noi unico quando saliamo in sella.

Perché la cadenza è così importante?

La cadenza è il numero di giri di pedale al minuto (rpm). Agisce su molteplici fronti: dall’affaticamento muscolare alla spesa energetica, dalla distribuzione dello sforzo tra diversi gruppi muscolari alla sensazione stessa di fluidità nel movimento.

Fammi spiegare: se adotti una cadenza troppo bassa, dovrai esercitare forze più elevate sui pedali per mantenere la stessa velocità, con il rischio di affaticare eccessivamente i muscoli. Al contrario, una cadenza troppo alta richiederà un impegno cardiaco maggiore e un controllo neuromuscolare più raffinato (non tutti sono pronti a mulinare le gambe come un frullatore).

Molti di noi, nelle uscite di gruppo, notano amici che macinano chilometri con frequenze altissime—sembrano quasi “friggere” i pedali. Altri, invece, preferiscono rapporti più duri, con rpm più bassi, perché magari si sentono più a loro agio a spingere. E allora, come facciamo a decidere qual è il ritmo migliore?

Cadenza di pedalata e variabili controllabili

Nel ciclismo, abbiamo diversi parametri su cui possiamo intervenire: la potenza erogata (il carico effettivo che forniamo sui pedali), la velocità di avanzamento, la scelta del rapporto (quante dentature sulla corona e sul pignone), la pressione delle gomme, perfino la posizione in sella. E poi c’è la cadenza.

A differenza di uno sport come la corsa, dove la frequenza del passo è legata in modo diretto alla velocità, qui possiamo modificare il rapporto e tenere costante la cadenza, oppure modificare la cadenza mantenendo la stessa potenza. Questa libertà in più è un vantaggio, ma anche una responsabilità: è facile incorrere in errori come usare rapporti troppo lunghi in salita (cadenza eccessivamente bassa) o troppo agili in pianura (magari a 120 rpm, respirando come una locomotiva).

In generale, si è visto che cadenze ridotte comportano contrazioni muscolari più lunghe e profonde, che per forza di cose riducono l’afflusso di sangue nel muscolo (capillari più compressi). Dall’altro lato, cadenze elevate richiedono contrazioni più brevi e veloci, favorendo un afflusso maggiore di ossigeno. Ma non è tutto così lineare, perché entrando nel dettaglio ci si imbatte in sfumature biomeccaniche e metaboliche.

Aspetti biomeccanici

Chiudiamo gli occhi per un attimo e immaginiamo la pedivella che compie una rotazione completa. A 60 rpm, ci vuole circa un secondo per completare il giro. A 90 rpm, invece, servono solo 0,66 secondi. Sembra una piccola differenza, ma in realtà influisce parecchio sul modo in cui i muscoli si contraggono e si rilassano.

  • Forza e tempo di applicazione: A cadenze lente, il muscolo deve generare una spinta più intensa per un tempo prolungato, creando più tensione e limitando il flusso sanguigno.
  • Carico inerziale della pedivella (CIL): Aumenta proporzionalmente alla velocità angolare. Significa che, a cadenze elevate, la pedivella “ruota” più facilmente grazie a un effetto volanico, ma bisogna anche avere la coordinazione giusta per sfruttarla.
  • Punti: Il picco di forza si concentra intorno ai 90° di rotazione, mentre la spinta è quasi nulla a 0° e 180°. A cadenza elevata, questi punti pesano di meno sul ritmo complessivo, ma richiedono un controllo migliore per evitare di disperdere energia.

In sintesi, dal punto di vista puramente biomeccanico, usare una cadenza abbastanza alta può rendere il gesto più fluido e meno affaticante a livello di tensione muscolare. Ma questo non vuol dire che tutti debbano per forza stare sempre sopra le 90 rpm.

Aspetti neuromuscolari

Onestamente, il corpo umano è una meraviglia: la nostra capacità di controllare il gesto della pedalata (detta “coordinazione neuromuscolare”) incide tantissimo sulla scelta della cadenza. Quando si aumenta la velocità di esecuzione del movimento, crescono anche le co-contrazioni muscolari (per stabilizzare l’arto). E più muscoli si attivano simultaneamente, maggiore è il dispendio energetico.

Allo stesso tempo, gli studi elettromiografici suggeriscono che, a cadenze comprese tra 80 e 90 rpm, si registra un ritardo nell’affaticamento neuromuscolare. In pratica, i muscoli—pur muovendosi più velocemente—si stancano di meno. Sembra un paradosso, ma la spiegazione sta proprio nel fatto che a 90 rpm, la contrazione è più breve e la circolazione sanguigna resta più attiva.

Detto ciò, aumentare la cadenza senza averne l’adeguata “elasticità” può rivelarsi controproducente. Ci vuole allenamento per imparare a gestire pedalate rapide, magari iniziando con brevi intervalli ad alta frequenza durante le uscite, per poi incrementare gradualmente.

Aspetti metabolici

Il discorso si fa ancora più interessante quando consideriamo il consumo di ossigeno (VO2) e la frequenza cardiaca. In parecchi studi, è emerso che la cadenza metabolicamente più “economica,” quella che richiede meno VO2, si colloca spesso tra 56 e 80 rpm, con una media intorno alle 67 rpm. Questa fascia è sorprendentemente più bassa rispetto alle cadenze abitualmente scelte dai professionisti su strada.

Perché, allora, i ciclisti esperti non pedalano sempre a 67 rpm? Perché entra in gioco la percezione della fatica e la gestione nel lungo periodo. Quando si pedala “lentamente” dal punto di vista della cadenza, si sviluppano tensioni muscolari elevate che producono più fatica muscolare locale nel tempo. A cadenze più alte, invece, il costo metabolico (in termini di VO2) può aumentare, ma l’affaticamento neuromuscolare diminuisce.

Le nostre gambe non sono solo “bruciatori di ossigeno”—sono sistemi complessi che bilanciano consumi energetici, scorte di glicogeno e capacità di smaltire il lattato. Se la potenza richiesta è alta, pedalare con un rapporto troppo duro può saturare i muscoli di acido lattico più velocemente, mentre una cadenza più elevata può diluire questo carico.

Differenze individuali – Composizione muscolare e stile personale

Non tutti abbiamo la stessa quantità di fibre muscolari lente (slow twitch) e veloci (fast twitch). Chi è predisposto ad avere un’alta percentuale di fibre veloci risulta più adatto a cadenze più elevate e a scatti di potenza, come i velocisti e i pistard. Al contrario, un altri tipo di ciclista, con molte fibre lente, potrebbe sentirsi più a suo agio su cadenze più basse.

Hai presente quei famosi scalatori da Giro d’Italia che, sulle salite oltre il 10% di pendenza, continuano a girare vicino alle 80 rpm (a volte anche di più)? Eppure, alcuni passisti sembrano quasi arrancare su pendenze elevate con cadenze ben sotto le 70 rpm, ma poi in pianura esprimono potenze notevoli mantenendo 90-95 rpm. Insomma, non c’è una sola ricetta che vada bene sempre e per tutti.

Cadenza ottimale: fattori di scelta e situazioni reali

Cosa dice la scienza?

  • Dal punto di vista metabolico, cadenze intorno a 60-70 rpm potrebbero essere più “economiche.”
  • Dal punto di vista neuromuscolare, una cadenza compresa tra 80 e 90 rpm riduce l’affaticamento a lungo termine.

Cosa fanno i professionisti?

  • Le analisi sulle tappe dei grandi Giri mostrano una cadenza media di 72 rpm, che scende in montagna e sale in pianura o nelle cronometro.
  • I migliori cronoman hanno registrato cadenze medie di 96 rpm.
  • Gli scalatori più forti, quando la strada si impenna, arrivano anche a 80-90 rpm per brevi tratti.

E per chi fa gare di endurance?

  • Molti si trovano bene a pedalare intorno alle 90 rpm, perché è un compromesso tra efficienza e bassa percezione di fatica muscolare.
  • L’esperienza sul campo, unita ai dati emersi dalla ricerca, suggerisce che non esiste una cadenza ottimale universale, ma una gamma nella quale ognuno dovrebbe individuare il proprio punto di equilibrio.

Uno scenario pratico: immaginiamo di percorrere una granfondo di 120 km con alcuni tratti di salita impegnativa. Se le tue gambe sono abituate a cadenze elevate e possiedi un ottimo “motore aerobico,” potresti tenere un’andatura fluida, intorno alle 90 rpm in pianura e scendere magari a 80 rpm in salita. Se, invece, ti trovi meglio con rapporti più duri, potresti lavorare intorno alle 70-75 rpm, ma attenzione a non sovraccaricare la muscolatura, specie dopo diverse ore di gara.

Consigli pratici e digressioni sull’allenamento

Allenare la cadenza

  • Interval training ad alta frequenza: Un metodo semplice per aumentare la propria capacità di pedalare a cadenze sostenute è inserire brevi ripetute (2-3 minuti) in cui si sale a 100-110 rpm, recuperando poi con un rapporto più lungo a 70-80 rpm.
  • Sfruttare i rulli: Gli allenamenti indoor possono essere ottimi per concentrare l’attenzione sulla frequenza di pedalata, grazie ai numeri precisi forniti dai ciclocomputer o dalle app di allenamento.
  • Variare i rapporti in uscita: Invece di restare sempre su un rapporto medio, prova a cambiare più spesso, forzandoti a pedalare agilmente in salita per qualche minuto e poi tornando a una cadenza più bassa.

Ascoltare il proprio corpo

  • Se senti un eccessivo bruciore muscolare, forse stai usando cadenze troppo basse per le tue capacità.
  • Se invece percepisci un affaticamento cardiaco notevole e un eccesso di ansimare, magari stai girando i pedali troppo velocemente senza la necessaria coordinazione.

Un pizzico di digressione stagionale

  • Nei mesi invernali, molti ciclisti lavorano sulla forza a basse cadenze per migliorare la muscolatura. In primavera, però, reintroducono gradualmente le cadenze più alte, così da non perdere in agilità.
  • Quando arriva la bella stagione, magari desideri fare le “uscite lunghe” con salite e discese, e lì la cadenza varia continuamente. Saper gestire questi cambi di ritmo è fondamentale.

Conclusioni

In fin dei conti, la cadenza di pedalata ottimale rappresenta un equilibrio tra variabili biomeccaniche, neuromuscolari e metaboliche. Gli studi ci dicono che esiste una finestra di efficienza generale, spesso compresa tra 80 e 90 rpm, ma tutto dipende dal tipo di sforzo, dalle caratteristiche individuali e dal terreno su cui pedaliamo.

“Sai cosa?” – la maggior parte dei ciclisti, dopo un po’ di esperienza, sviluppa quasi istintivamente la propria “cadenza naturale.” Resta poi la possibilità di modificarla con allenamenti mirati, per affrontare con più efficacia determinati scenari: una gara a tappe in montagna, una cronometro in pianura, o una semplice pedalata con gli amici su strade collinari.

Il mio consiglio è di non fissarsi su un valore assoluto, ma piuttosto di sperimentare. Tieni d’occhio i segnali del tuo corpo, la tua frequenza cardiaca, il livello di stanchezza alle gambe e la sensazione di fluidità nella pedalata. Prova a non avere troppa paura di cambiare rapporto: a volte basta salire un dente sul pignone per trovare la cadenza giusta che ti fa sentire leggero e veloce.

In sostanza, se hai appena iniziato, non impazzire a inseguire le 90 rpm dei professionisti a tutti i costi. Lavora con calma, introducendo intervalli a diverse frequenze, e cerca di capire quando il tuo corpo ti manda segnali positivi. Col passare delle settimane, noterai che la tua cadenza di conforto diventerà più alta. Se invece sei già un veterano, dai un’occhiata ai dati del tuo ciclocomputer nelle diverse situazioni: potresti scoprire che in salita usi una frequenza più bassa di quanto pensassi e forse potresti migliorare, o viceversa.

La bellezza del ciclismo sta anche in questo: ognuno di noi ha un modo diverso di esprimere la potenza sui pedali, e nessuno ha la verità in tasca. Ciò che conta è divertirsi, migliorare gradualmente e mantenere la passione, giro dopo giro, minuto dopo minuto.

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