Intagli sul Battistrada delle Gomme da Bici – A Cosa Servono

Ti è mai capitato di guardare i copertoncini della tua bici e pensare che quegli intagli, così simili a quelli di un’auto o di una moto, servissero a scongiurare brutte sorprese quando piove? Lo so, è un’idea comune e diffusa un po’ ovunque. Del resto, nel mondo delle quattro (e due) ruote a motore, gli intagli “scaricano” l’acqua e riducono l’effetto aquaplaning. Ecco, però, che arriva la notizia sorprendente: in bici non funziona proprio così.

Sembra un paradosso, ma quei piccoli segni sul battistrada, che potremmo quasi percepire come linee di stile, hanno in realtà un ruolo fondamentale per grip, temperatura e flessibilità della gomma, ma non “buttano via” l’acqua come saremmo portati a pensare. C’è di più: se mai dovessimo davvero puntare a scaricare l’acqua con intagli larghissimi, finiremmo per rovinare la guidabilità generale, e non sarebbe affatto un buon affare.

Aquaplaning in bici: un mito da sfatare

Prima di tutto, togliamoci questo sassolino dalla scarpa: l’idea che gli intagli sul battistrada servano a scaricare l’acqua e prevenire l’aquaplaning è, per la bici, un mito. Lo so, suona strano perché chi va in auto o moto conosce bene quell’effetto di galleggiamento sullo strato d’acqua, che può spaventare e causare perdita di controllo. Ma con una bici la faccenda cambia radicalmente. Hai presente quando le ruote della macchina schizzano via l’acqua in una pozzanghera? Ecco, lì entra in gioco la larghezza del battistrada e la velocità a cui ci si muove.

Su un’auto o su una moto, la gomma è ben più larga rispetto a quella di una bici. Questo significa che, senza disegni specifici, potremmo incontrare aquaplaning già a velocità di 40-50 km/h se il battistrada fosse totalmente liscio. In bici, però, le velocità medie (e anche quelle di punta) sono più basse, e l’impronta a terra è talmente stretta da rendere quasi impossibile il fenomeno dell’aquaplaning se non, forse, superati i 100 km/h. Ora, non so te, ma io certe velocità su bagnato le ho viste solo in discesa nei sogni più spericolati… e magari nemmeno lì.

C’è poi un altro dettaglio: realizzare dei canali di scarico così ampi da portare via realmente l’acqua, su uno pneumatico da bici, richiederebbe di scavare il battistrada in modo così profondo e largo che la guida diventerebbe imprecisa e potenzialmente pericolosa. Uno scenario che non fa gola a nessun ciclista, perché la bicicletta è questione di sensibilità, di feeling, di contatto con il terreno. Farlo a scapito della stabilità non avrebbe senso.

La vera ragione degli intagli: “muovere” la mescola

Dunque, se non servono a scaricare l’acqua, perché i produttori, Pirelli in testa, si dannano tanto per progettare disegni diversi e con varie profondità? La risposta è nella mescola. Già, perché la gomma non è un semplice pezzo di caucciù: è un mix di materiali (la carcassa) e sostanze chimiche (la mescola) che agiscono in sinergia.

Gli intagli hanno il compito di rendere la parte esterna (o in alcuni casi anche quella centrale) dello pneumatico più “morbida” e flessibile, così da migliorare la tenuta, soprattutto in curva. Immagina la gomma come un grande elastico. Se è tutta rigida, forse scorre benissimo su superfici asciutte in rettilineo, ma non si adatta granché alle piccole asperità dell’asfalto, specie in piega. L’intaglio fa sì che una porzione di quella gomma possa effettivamente flettersi meglio, avere un più stretto contatto con la ruvidità del manto stradale e, di conseguenza, trasmettere un feeling superiore.

C’è pure un aspetto legato alla temperatura di esercizio: con gli intagli, la mescola si “muove” e si scalda più in fretta. Una mescola calda aderisce meglio ed è più sicura, persino quando la stagione ci regala strade fredde e umide. Da qui la scelta di Pirelli di adottare un battistrada monomescola sui suoi modelli più votati alla performance: si preferisce un unico composto chimico, modulato poi a seconda delle zone dello pneumatico con gli intagli, invece che ricorrere a una doppia mescola che potrebbe, sì, essere versatile, ma rischia di non trasmettere la stessa omogeneità di comportamento in tutte le condizioni.

Mescola “appiccicosa” vs. intagli strategici

C’è un esempio che mi piace fare, perché spiega bene il concetto. Si potrebbe costruire uno pneumatico super “colloso,” con una mescola pensata per avere aderenza massima anche su bagnato e a basse temperature, e senza alcun disegno. Una sorta di gomma totalmente liscia ma dalla presa incredibile. Su carta, sarebbe la massima espressione del grip. Purtroppo, però, nella realtà una gomma del genere si consumerebbe in un lampo e finirebbe per penalizzare pesantemente la scorrevolezza. In più, guidando sempre con un eccesso di grip in ogni situazione, l’impressione è che potrebbe anche risultare poco reattiva e assai frenata.

Gli intagli, invece, riescono a “spezzare” questa rigidità intrinseca e far sì che la porzione esterna dello pneumatico si pieghi e si adatti alla curva, mentre la parte centrale, più solida, ti garantisce un buon rotolamento e una durata accettabile. Ovviamente è un compromesso, perché tutti sappiamo che il ciclista cerca velocità, ma vuole anche sentirsi sicuro in discesa e sul bagnato.

Perché a volte trovi intagli pure sulla parte centrale?

Ora, potresti chiederti: “Ma come mai, allora, certe gomme esibiscono incisioni anche al centro, dove tocca terra in rettilineo?” In alcuni casi servono a migliorare la trazione in condizioni di asfalto insidioso o in presenza di detriti, e soprattutto ottimizzano la frenata. Non dico che ci si debba aspettare un miracolo, ma per alcune tipologie di disciplina (pensa al gravel, o anche a certe strade di montagna rese viscide da foglie e umidità), dei piccoli intagli centrali danno un po’ di sicurezza in più.

Nel gravel, poi, la situazione è ancora più evidente: guardando un battistrada da sterrato, noterai tasselli e scanalature ben marcate, studiate per drenare il fango, mordere il terreno e garantire stabilità su superfici tutt’altro che uniformi. Ma parliamo di un altro settore, con regole leggermente diverse rispetto alla bici da strada classica.

Disegno del battistrada e pressioni di gonfiaggio: un legame forte

Se segui da un po’ le discussioni in ambito ciclistico, sai già che la pressione di gonfiaggio è uno dei temi più dibattuti in assoluto. E non è soltanto questione di comfort o velocità: una gomma gonfiata correttamente “lavora” come è stata progettata dai suoi creatori, facendo sì che ogni intaglio e ogni parte della carcassa si deformino in modo ideale.

Pirelli, per esempio, suggerisce una pressione diversa a seconda del peso del ciclista, in modo da dare allo pneumatico quell’impronta a terra studiata in fase di sviluppo. È un po’ come tarare le sospensioni di una moto: se pesi 60 kg, non puoi stare sulle stesse impostazioni di chi ne pesa 90. Allo stesso modo, uno pneumatico pensato per un certo range di peso va gonfiato quanto basta a garantire la massima aderenza possibile, senza però penalizzare eccessivamente lo scorrimento.

La pressione, dunque, influisce anche sul modo in cui gli intagli “entrano in azione.” Se sgonfi troppo la gomma, c’è il rischio di un eccesso di deformazione, con conseguente riduzione della scorrevolezza. Se invece la pompi a livelli da carro armato, quegli intagli restano quasi inerti, e puoi perdere grip in curva perché la superficie di contatto diventa minima. Insomma, la regola del “né troppo né troppo poco” vale più che mai.

Piccoli aggiustamenti per pioggia e freddo

Quando le temperature scendono e l’asfalto diventa viscido, un trucco che molti tecnici e corridori adottano è quello di abbassare la pressione di un piccolo margine: in genere si va dai 0,3 ai 0,5 bar in meno. Lo sai, vero, che riducendo la pressione aumenti l’impronta a terra? Sì, c’è un calo di scorrevolezza, ma guadagni sicurezza e stabilità. È un compromesso che quasi tutti accettiamo di buon grado, specialmente se le strade sono bagnate o se ci troviamo a pedalare in autunno-inverno, quando l’asfalto è freddo e la mescola fatica a scaldarsi.

A proposito di riscaldarsi: avere un battistrada con intagli ben studiati e una mescola di qualità ti aiuta a portare prima la gomma in temperatura, anche con qualche grado in meno. Non è un aspetto da sottovalutare, soprattutto quando ti butti in discesa dopo una lunga salita in cui la velocità era relativamente bassa e, di colpo, ti serve tutto il grip del mondo per impostare bene una curva.

Monomescola, doppia mescola e sensazioni di guida

Un altro dettaglio interessante emerso dalle chiacchiere con Bressan e Di Clemente di Pirelli riguarda la scelta tra gomme monomescola e quelle a doppia mescola. Per un utilizzo di allenamento, magari orientato alla durabilità, qualche produttore preferisce adottare una doppia mescola: la parte centrale un po’ più dura, i lati più morbidi per avere grip in curva. E fin qui, tutto fila. Ma nel reparto racing, l’approccio “monomescola” ha un fascino speciale perché garantisce un comportamento più omogeneo. È un po’ come fare un vestito su misura anziché prendere qualcosa di standard.

Gli intagli, in questo contesto, servono proprio a modulare il modo in cui questa mescola si deforma nelle diverse fasi di guida. Il risultato è una sensazione più prevedibile su tutta l’impronta, che va dal rettilineo alla curva. Se ci pensi, è logico: avere una gomma che passa bruscamente da una mescola dura a una morbida può dare al ciclista la percezione di uno “scalino” di aderenza in piega. Magari è solo una sfumatura, ma quando spingi forte in discesa o in gara, ogni feedback è essenziale per trasmetterti fiducia.

In sintesi: perché gli intagli?

A questo punto, magari un riassunto veloce ti fa comodo. Senza esagerare con le liste, ecco qualche concetto chiave:

  • Non buttano via l’acqua: il diametro ridotto delle ruote da bici e le velocità in gioco rendono l’aquaplaning quasi inesistente.
  • Muovono la mescola: la flessione indotta dagli intagli rende la gomma più morbida là dove serve, migliorando il grip specialmente in curva.
  • Temperatura di esercizio: più la gomma si “muove,” più si scalda (entro limiti ottimali), aumentando la tenuta e il controllo.
  • Posizionamento strategico: spesso si trovano sull’area laterale del battistrada, così da migliorare l’aderenza quando si inclina la bici.
  • Pressione corretta: un gonfiaggio adeguato completa il quadro, perché permette a ogni intaglio di lavorare come previsto.

Quindi, possiamo pure dire che “intaglio” non è automaticamente sinonimo di maggior grip in assoluto. Dietro c’è sempre la qualità della mescola e la struttura della carcassa. Una gomma con cento incisioni, ma composta da una mescola scadente, non potrà mai avere l’aderenza di una gomma ben progettata.

Conclusioni

Arriviamo alla fine di questo viaggio – anzi, chiamiamolo semplicemente un racconto. Gli intagli sul battistrada delle gomme da bici non sono un orpello estetico e, contrariamente a quanto molti credono, non sono pensati per “scaricare” l’acqua. Il loro obiettivo è piuttosto quello di ottimizzare flessibilità e aderenza, creando una sorta di cuscinetto intelligente fra la strada e la carcassa.

Se da domani il meteo prevede pioggia, non stressarti all’idea di dover cambiare copertoncini in cerca di solchi più profondi: pensa piuttosto a regolare la pressione, a scegliere una gomma con una buona mescola, e a guidare con la testa. Ricordati: non c’è mescola o intaglio che ti salvi se esageri con la velocità in condizioni in cui un pizzico di prudenza è sempre ben accetto.

E, quando senti qualcuno sostenere che “le gomme da bici sono scanalate come quelle auto,” potrai sorridere e dire: “Non è proprio così, sai?” Avrai sempre un buon argomento da condividere, magari davanti a un caffè, per spiegare come funziona davvero il mondo delle gomme da bici. Ti sorprenderà quanta curiosità si possa accendere su un argomento apparentemente così semplice. Perché, a ben guardare, in ogni incisione c’è un po’ di scienza, un pizzico di chimica e tanta passione ciclistica.

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